Il questionario di Proust

 

Prefazione di Eleonora Marangoni

 

 

«Il questionario di Proust ha finito per valere ancora più che un testo di Proust. Chissà cosa ne penserebbe lui. Forse la cosa lo divertirebbe. Certo è che, nel corso degli anni […], il questionario è diventato per tutti noi un piccolo ma significativo strumento di osservazione. È un trucco per spiare nella testa delle persone che conosciamo o che vorremmo conoscere, per portarci a casa un po’ delle loro vite, dei loro pensieri sulla vita e sul mondo. Un monumento internazionale al potere dell’autoanalisi e dell’immaginazione. Una lente originale e sempre nuova attraverso cui guardare quello che ci sta intorno. Un’indagine sull’umano che ricomincia ogni volta dove l’abbiamo lasciata. E allora forse un po’ di Proust ci è finito davvero, in quelle righe».
Eleonora Marangoni

Un libro-quaderno che aspetta solo di essere riempito dal lettore-scrittore. Un gioco fra letteratura e vita che può rinnovarsi all’infinito: tanto continuamente cangiante è l’animo umano, i suoi sentimenti, la sua visione della realtà con il passare degli anni, nel mutare dei tempi e delle stagioni della vita.

Un libro firmato da Marcel Proust. Che è anche un piccolo, elegante quaderno. Dentro ci sono pagine scritte e pagine bianche da riempire. Ci sono le domande di quello che è noto come Il questionario di Proust, e le risposte stilate dall’autore stesso.
Il questionario che porta il nome del grande scrittore francese è, in realtà, un gioco di società simil-letterario di origine inglese. Presso le famiglie britanniche del XIX secolo era diffusa l’abitudine, nelle riunioni serali, di rispondere a quiz sui ricordi e i gusti personali.
Così fece, con Marcel ancora adolescente (aveva quindici anni), l’amica e coetanea Antoinette Faure: gli propose di rispondere, per iscritto, a una serie di domande presenti su un volumetto intitolato An Album to Record Thoughts, Feelings & c. Anni dopo l’album fu ritrovato, e le risposte di Proust pubblicate nel 1924.
Ci fu una seconda occasione, nella vita del giovane Proust, di rispondere al questionario. Se le domande sono simili, le risposte di Marcel ventiduenne sono piuttosto diverse dalla volta precedente. Una terza versione delle risposte proustiane (datata 25 giugno 1887, dunque la prima in ordine cronologico) è stata fortunosamente scoperta dal libraio Laurent Coulet nel 2018. Anche qui le immagini e i concetti formulati da Proust (quindicenne) si rivelano arguti, ineffabili, spesso fulminanti, sempre pieni di spirito.

 

 

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Boris Giuliano – Daniele Billitteri

La Squadra dei Giusti

«Erano semplicemente “la Squadra”.
Ogni mattina si trovavano tutti lì, sotto il quadro di Michele Arcangelo che trafigge il drago, simbolo del Male, in una stanza piena di mobili scompagnati: una scrivania finto rococò, una poltrona con i braccioli, una vetrinetta portadocumenti, uno scaffale, un tavolinetto per i telefoni, un divanetto in similpelle verde, due poltroncine, un tavolino rettangolare da caffè. Due finestre su Villa Bonanno. Di fronte, laggiù, il palazzo arcivescovile; a destra, il prospetto sfuggente della questura; a sinistra, oltre le cime degli alberi, il Palazzo dei Normanni, sede del parlamento più antico d’Europa.»

 

 

Questa è la storia della Squadra di San Giorgio, o della Squadra dei Giusti, se preferite. Giorgio era Boris Giuliano, poi c’erano “Franz”, “’ngazziddu”, “Vicè”, “Tonino”, “’unicu” e “Peppino di Capri”. Le giacche aperte, le fondine sul fianco destro con le Smith & Wesson calibro 38 Special Classic. Un ufficio come gli altri alla Questura di Palermo. Ma la loro era una squadra davvero speciale. È negli anni Sessanta che comincia la vera lotta alla mafia: senza pentiti, senza la legge La Torre, senza la Procura nazionale antimafia. A loro, alla Squadra dei Giusti si deve l’intuizione investigativa che la mafia abbia una struttura.
Chi ha scritto questo libro è cresciuto in mezzo a quei poliziotti, ha mangiato insieme a loro, ha visto con loro bei film sullo schermo e brutti film per le strade insanguinate. Ha portato le bare di alcuni di loro sulle spalle e ha ancora negli occhi i volti delle vedove e degli orfani. Questa è la storia di Boris Giuliano, uomo e poliziotto, e della sua Squadra.
Quelli che, alla fine, si arrabbiarono.

 

Daniele Billitteri, scrittore, blogger e uomo di teatro, ha lavorato al quotidiano palermitano «L’Ora». Dal 1979 alla pensione – nel 2011 – è stato cronista e poi caposervizio al «Giornale di Sicilia».

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L’oste dell’ultima ora – Valerio Massimo Manfredi

Chi era l’oste che servì il vino alle nozze di Cana? Dalla fantasia di Valerio Massimo Manfredi, il ritratto di un personaggio umile e forte a tu per tu con il mistero che cambia la Storia.

 

 

La Storia è piena di testimoni inconsapevoli degli eventi che hanno cambiato il corso dell’umanità. Lo sa bene Valerio Massimo Manfredi, la cui opera letteraria è da sempre attenta, quasi manzonianamente, agli “umili”, capaci di restituirci uno sguardo semplice ed essenziale sulle grandi vicende del passato.
Figlio di contadini senza terra nella Galilea sotto il giogo romano, il protagonista di questo lungo racconto è costretto a guadagnarsi da vivere inventandosi nuovi lavori, dal marinaio al taglialegna. Un giorno decide di mettersi in proprio, e di aprire una promettente rivendita di vino.
Intanto, qualcosa di assolutamente nuovo, inaudito e sconvolgente sta accadendo proprio vicino a lui. La novità di una testimonianza che cambierà per sempre la Storia, e che ha le fattezze umane del figlio di un falegname di Nazareth. Il contatto avviene durante un banchetto di nozze, a Cana. L’oste è incaricato del vino, ma disgraziatamente ne ha portato troppo poco. Sarà allora testimone privilegiato di un fatto che non riuscirà proprio a spiegarsi.
Ma il suo rapporto con il Nazareno e la sua strana compagnia di discepoli non finirà lì. Qualche tempo dopo, durante la Pasqua a Gerusalemme, gli verranno a chiedere ancora del vino: per celebrare quella che sembra una sera triste come una cena d’addio…

 

«L’assurdo e l’incompleto, lo stupore e l’istinto, la paura e, al tempo stesso, la forza di credere nei miracoli del quotidiano, la capacità di vederli e sentirli anche nei piccoli gesti, si ripercorrono fra le pagine di un libro che non ingombra spazio, non “ruba” tempo alle nostre vite ma, come spesso accade con le storie di Manfredi, invade i nostri pensieri di insegnamenti, riflessioni e percezioni che sembrano sussurrarci il bene celato dentro il cuore dell’uomo» (www.criticaletteraria.org).

 

Valerio Massimo Manfredi, archeologo di formazione, è uno degli scrittori italiani più letti e amati nel mondo. È anche sceneggiatore per il cinema e conduttore televisivo. Per la Compagnia editoriale Aliberti ha pubblicato Sei lezioni di storia. Per Mondadori è autore, fra gli altri, dei romanzi storici Teutoburgo, Il mio nome è Nessuno. La trilogia, Lo scudo di Talos, Aléxandros. La trilogia, Idi di Marzo.

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Il manuale Cencelli – Renato Venditti

Un documento sulla gestione del potere

Con una prefazione di Luca Talese

«L’essenza del Cencelli è la capacità di analisi che devi avere per comprendere i rapporti di forza più segreti che regolano gli equilibri di potere.»

 

 

Passano i decenni della nostra storia repubblicana, le stagioni politiche, i partiti e i leader.
Ma lui non passa mai di moda. Alla fine, resta il Vademecum per eccellenza, il Metodo “infallibile” per spartirsi il potere in Italia. Il manuale Cencelli.
Questo libro di Renato Venditti, uscito in prima edizione nel 1981, è un classico del giornalismo politico italiano: il testo che meglio spiega in cosa esattamente consista questo metodo e con quali modalità venga applicato. Ancora oggi.

«La democrazia, in un Paese complesso come l’Italia, ha bisogno di stratificazione, di ricchezza. Abbiamo per anni immaginato il cambiamento, l’evoluzione delle nostre istituzioni, raccontato perfino con una punta di impertinenza la classe dirigente di cui Cencelli è l’ultimo dinosauro, l’ultima memoria.
Adesso il manuale è davvero un libro metafisico, un piccolo grande valore per traversare, con i piedi per terra e la memoria di ciò che è stato, la stagione della rabbia».

 

Esce in libreria la nuova edizione di Il manuale Cencelli, arricchita da un’intervista esclusiva di Mariella Venditti a Massimiliano Cencelli.

 

 

Renato Venditti (1926-2015), nato e vissuto sempre a Roma, ha cominciato a fare il giornalista da giovanissimo. Stimato notista politico, ha lavorato prima per «l’Unità» e poi per «Paese Sera». Nel 1983, dopo la chiusura di «Paese Sera», ha iniziato a collaborare con l’AGL l’agenzia dei quotidiani locali del Gruppo Espresso. Decano della sala stampa di Montecitorio, per gran parte della sua carriera ha raccontato senza condizionamenti le vicende della Democrazia Cristiana, guadagnandosi la stima dei suoi massimi esponenti. Oltre al Manuale Cencelli (Editori Riuniti 1981) ha scritto il romanzo La cricca. Vita di famiglia nella dittatura (Nutrimenti 2008).

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